Maria Grazia Mandruzzato

Maria Gazia Mandruzzato

Ѐ doveroso premettere che il curriculum artistico di Maria Grazia Mandruzzato è di tutto rispetto. Lei stessa, al termine delle prove dei nostri allievi che partecipano al Progetto teatrale del nostro Istituto ce ne forre conferma, sia pure parziale. Se poi uno avesse voglia di inoltrarsi nei meandri di Internet troverebbe il resto.

Ma andiamo con ordine. Preso contatto con lei, grazie all’intervento di un comune amico, si dichiara disponibile ad assistere alle prove e si presenta puntualissima in aula. Le propongo di seguire le prove copione alla mano, ma preferisce seguire “in presa diretta”, per così dire, la recita degli attori in erba. E lo fa nel massimo silenzio e con estrema attenzione.

Al termine, dà alcune indicazioni e dei suggerimenti inizia uno scambio di idee con gli allievi e poi inizia a raccontare la sua vicenda personale.

Come mai il Calvi?

Dico subito che il Calvi non era la mia scuola ideale; avrei tanto voluto frequentare il Liceo artistico o la scuola d’arte “Pietro Selvatico” ma i miei genitori la consideravano una scuola troppo politicizzata (parliamo dell’inizio degli anni Settanta): mi iscrissero al Calvi. Mio padre credo che volesse il figlio geometra e la figlia ragioniera. Ma non faceva per me, per come sono. In prima superiore a fine anno avevo quasi tutti voti dal 5 al 6. Speravo di essere bocciata e di far cambiare idea ai miei genitori, ma mi promossero a giugno col voto di consiglio dandomi fiducia. E così decisi di restare e

di non toccare più matita almeno fino alla fine dei cinque anni. Non ero brava a scuola facevo fatica e poi ero terrorizzata dalle interrogazioni.

Una cosa invece molto bella e di cui mi ritengo fortunata è stata la mia classe, i miei compagni, l’unione che si era creata fra di noi. Ci aiutavamo, ci frequentavamo anche al di fuori della scuola facevamo politica insieme (eravamo quasi tutti del “comitato di base”) e andavamo in vacanza assieme. Del gruppo facevano parte anche Giancarlo Previsti e Roberto Citran, diventati anche loro attori professionisti.

Un'altra grande fortuna è stata aver avuto come insegnante di Italiano e storia il meraviglioso Giorgio Tinazzi il quale Influenzò molto la mia formazione e probabilmente, anche la mia successiva scelta di fare teatro.

Dopo il Calvi?

Finite le superiori decisi io di fare l’I.S.E.F. Istituto Superiore di Educazione Fisica. C’era l’obbligo di frequenza ma avevamo due giorni alla settimana liberi per poter insegnare, per cui iniziai presto a fare supplenze e a essere autonoma economicamente Mi interessavo in particolare di psicomotricità e lavoravo con i bambini delle scuole elementari.

E poi il teatro..

Direi contemporaneamente E questa contemporaneità di scuola e teatro è continuata fino ai 29 anni. Poi ho cominciato ad avere proposte professionali teatrali in Toscana. Allora insegnavo educazione fisica al Calvi (ero diventata di ruolo) e lì ho fatto la scelta non facile di licenziarmi. Mi piaceva insegnare, la fisicità è stata sempre un filo rosso nella mia vita. Così mi sono trasferita a Pontedera in Toscana dove c’era un Centro molto importante per la ricerca teatrale.

La mia formazione teatrale è legata a quegli anni, anni in cui si metteva in discussione il modo tradizionale (chiamiamolo così) di fare teatro. Io non ho fatto l’accademia, ho cominciato con il “Teatro continuo”, qui a Padova, che rappresentava un’alternativa al teatro tradizionale. Lavoravamo sodo tutti i giorni la mia vita era tra scuola e teatro e devo dire che son stati anni belli e creatici; il training fisico che facevamo era molto vicino alla danza e in parte lo portavo anche nell’insegnamento a scuola. Credo di aver fatto delle belle lezioni di Ed Fisica. Una cosa che mi ha dato questa mia formazione teatrale è un’etica, un modo di stare dentro al teatro che credo di non aver mai dimenticato.

Dopo la “politica” con il teatro ho scoperto “l’uomo”, l’essere umano uomo o donna che sia. C è una frase che tengo con me di Dostoevskij che dice “l’uomo è un mistero. Un mistero che bisogna risolvere, e se trascorrerai tutta la vita cercando di risolverlo, non dire che hai perso tempo; io studio questo mistero perché sono un uomo”. Il teatro cerca una verità che scappa fugge sempre. Ѐ un cercare nell’umano.

Ho sempre cercato e sapevo con chi volevo studiare; quando c’era un regista o una coreografa o pedagogo che mi interessava andavo a studiare con lui / con lei. A Berlino per esempio ho lavorato due mesi con De Fazio dell’Actor’s studio sul metodo Strasberg. E poi la mia fortuna è stato lavorare con dei grandi, ho imparato molto lavorando. Sono stata anche in India a studiare danza Odissi.

Come accolsero i tuoi genitori questa tua decisione?

Non sprizzarono certo di gioia, se così si può dire. Arrivò anche, un po’ scherzando e un po’ sul serio a farmi un ricatto. Non ci riuscì.

Credo sia difficile raccogliere nello spazio di un’intervista tutte le esperienze accumulate nel corso della carriera teatrale, ma se vuoi puoi dirci le più significative. A me ha colpito il fatto che pur non avendo fatto studi classici hai recitato la parte di Ecuba nelle “Troiane” in greco antico….

Ѐ vero ed è stata un’esperienza meravigliosa, coinvolgente. Più che uno spettacolo lo considero un viaggio, un viaggio dentro il testo, dentro l’autore, dentro il teatro, dentro la mia vita; perché non c’era distinzione tra vita e teatro allora il teatro era la mia vita. Poi, è diventato un mestiere. Eravamo 35 donne e un regista uomo che esigeva tutto da te e così imparavi a esserci, a stare, e imparavi anche dalle dinamiche che si creano nel gruppo. Thierry era un regista che amava il collettivo non le gerarchie che c’erano e ancor ci sono dentro i teatri tradizionali. La convivenza in gruppo non è facile, nascono conflitti ma poi diventi una famiglia che ha lo stesso linguaggio e che è orgogliosa di aver creato insieme. Per mettere in scena le Troiane abbiamo lavorato otto mesi Un tempo impensabile adesso Abbiamo girato tutti i festival europei Avignone, Amburgo, Barcellona Abbiamo Vinto premi. Ho avuto la fortuna di lavorare e di condividere la ricerca teatrale con Thierry Salmon per dieci anni! Lui era un genio, purtroppo morto giovane all’età di quarantun anni in un incidente stradale.

Quando memorizzavo il testo parlavo in greco anche dormendo, mi dicevano. Interpretavo Ecuba e avevo molto testo da recitare.

Fra gli altri registi con i quali ho avuto modo di lavorare posso ricordare: Luca Ronconi, Mario Martone, Peter Stein, Elio De Capitani, Lluis Pasqual. Con Alex Rigola, un regista Catalano, ho fatto Il Giulio Cesare di Shakespeare, ero Giulio Cesare: è stato molto interessante. E altri.

E poi ho studiato pedagogia teatrale con Anatolij Vassiliev regista e pedagogo. Un’esperienza artisticamente importante. Vassiliev è allievo di Marija Knebel collaboratrice di Stanislavskij: ho toccato da vicino il teatro russo.

Ho anche insegnato in varie scuole teatrali.

Posso dire che il teatro mi ha consentito di girare il mondo e di conoscere ambienti, culture e persone diverse. Un bel nomadismo!

Come tutte le cose belle anche l’incontro con Maria Grazia Mandruzzato finisce. Dopo due ore passate in compagnia abbiamo la consapevolezza di aver incontrato una donna che nella sua vita ha voluto e potuto fare una scelta non facile qual è quella di dedicarsi integralmente al teatro, profondendo le sue energie con determinazione e sacrificio, perché il teatro questo richiede. Un insegnamento per quelle ragazze e per quei ragazzi che l’hanno ascoltata. E anche per chi raccolto le parole di Maria Grazia ha raccolto e trascritto, che è stato gratificato quando l’attrice ha voluto portarsi a casa il copione da lui scritto.